Per tutti coloro che vogliono cimentarsi nella conduzione della straordinaria disciplina di Yoga Nidra, consiglio innanzitutto di informarsi attraverso al lettura di qualche libro specifico e di sperimentare personalmente le visualizzazioni prima di proporle, per interiorizzarne il senso e comprendere cosa potrebbero evocare nelle altre persone.
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Quando proponiamo lo Yoga Nidra in gruppo, come pratica autonoma oppure al termine di una sessione di Yoga della Risata, potremmo trovarci a fare i conti con la partecipazione di qualcuno di cui non sappiamo assolutamente nulla. Considerando che ognuno è diverso, rispetto alle sensibilità, al sistema di credenze e valori in generale, alla percezione di cosa sia il rilassamento in particolare, bisognerebbe avere veramente grande delicatezza e attenzione nel proporre la pratica, non tanto perché sia rischiosa ma per evitare che qualcuno la viva male, semplicemente perché non la conosce o perché si aspetta qualcosa di diverso. Non è detto, infatti, che lo Yoga Nidra piaccia a tutti o, perlomeno, che piaccia fin dall’inizio!
Lasciarsi veramente andare e accettare di “perdere il controllo” – che è esattamente ciò che accade in un rilassamento tanto profondo – è una delle cose più difficili da fare, soprattutto per chi è molto razionale.
L’ascolto e il conteggio del respiro portano in contatto con parti profonde di sé, magari negate o sofferenti, le visualizzazioni possono suscitare ricordi o agganciarsi a simboli personali importanti e potrebbe succedere che – anzichè l’agognato senso di pace – insorga irrequietezza o che sgorghi qualche lacrima: è raro ma è normale, può far parte del processo di consapevolezza e rinnovamento e, se accade, né il conduttore né il partecipante dovrebbero spaventarsi.
Ecco le 7 cose che devi assolutamente sapere per condurre al meglio uno Yoga Nidra.
1. Rassicurare le persone che, qualsiasi cosa accada nel corso della pratica, va bene, va tutto bene
Raccomandare di essere pazienti con sé stesse, prive di “ansia da prestazione” perché non c’è un obiettivo da raggiungere e neppure qualcosa di specifico da aspettarsi; rimanere in atteggiamento fiducioso e amorevole nei propri confronti e accogliere tutto ciò che emerge, senza giudizio. All’inizio del Nidra, prima della formulazione del Sankalpa, si può proprio “ordinare”: Inizio questa pratica di Yoga Nidra con apertura e fiducia, accogliendo con amorevolezza e senza giudizio tutto ciò che emerge, sapendo che è per il mio bene più profondo.
2. Riuscire a parlare a tutti, a coinvolgere tutti i partecipanti, tenendo conto del fatto che ogni persona possiede un suo principale codice di comunicazione
Riprendendo alcuni principi di base della PNL, sappiamo che vi sono “tipi” principalmente VISIVI, AUDITIVI, CINESTESICI; per coinvolgerli tutti è bene utilizzare nelle frasi parole che attingono a tutti e tre i codici, come per esempio: visualizzo-osservo (per i visivi), percepisco-sento (per i cinestesici), ascolto-odo (per gli auditivi).
3. Ricercare la “propria voce ideale”
Lo scopo principale è quello di conoscere e allenarsi sulle diverse componenti vocali:
• altezza, trovare la propria tra il basso/grave e l’acuto/alto;
• intensità/volume, tale che tutti la possano udire, senza essere né troppo forte, né troppo piano;
• tempo, frequenza delle parole, tra lento e veloce;
• ritmo, distribuzione di parole e pause nel tempo (regolare/ irregolare/ enfatico/ sincopato/ incalzante…);
• timbro, dato dalle combinazione delle 4 caratteristiche precedenti più le armoniche personali.
A seconda della fase che stiamo proponendo, la voce subirà dei cambiamenti, per esempio: evitiamo che sia monotona, anche perché deve essere da sostegno per la presenza mentale di chi si affida alla nostra conduzione; rendiamola un po’ incalzante sulla rotazione della coscienza, perché la mente “saltelli” bene sulle varie parti del corpo; facciamo in modo che sia più calda e accogliente nel momento delle visualizzazioni.
4. In quale “persona” parlare?
Dipende da come ci sentiamo maggiormente nostro agio, da cosa viene più spontaneo e autentico.
Io, per esempio, amo parlare in prima persona e guidare le varie fasi immaginando di essere una sorta di “voce interiore”, nella speranza che ognuno possa sentirsi pienamente protagonista del viaggio; quindi dico frasi del tipo “mi distendo… mi rilasso… respiro… mi vedo seduta sotto all’albero della vita…”
Altre volte, quando desidero che la voce sia più “direttiva” parlo in seconda persona – singolare o plurale – come a dare degli ordini: “distenditi / distendetevi… fai / fate profondi respiri… ascolta / ascoltate…”
Altre volte ancora, quando desidero dare una dimensione maggiormente “corale”, come se fossimo tutti parte di una comunità o della stessa energia uso il “noi”: “ci rilassiamo e facciamo profondi respiri…”
5. È importante che il conduttore della pratica rimanga vigile.
In quanto conduttori, siamo responsabili dei partecipanti! Evitiamo, pertanto, di caricare un audio e rilassarci insieme a loro; se ne sentiremo il bisogno, ci rilasseremo successivamente, a casa: so che è più pesante, ma è anche molto più professionale.
Rimaniamo in una posizione che ci consenta di vigilare su tutti e conduciamo lo Yoga Nidra direttamente, osservando la reazione delle persone e percependo/intuendo i loro bisogni: per esempio, se vediamo che hanno freddo interveniamo coprendole (quando si ha freddo è impossibile rilassarsi!) oppure accorgiamoci se, in alcune fasi, qualcuna tende ad agitarsi per essere pronti a pronunciare parole rassicuranti o a modificare, al bisogno, la visualizzazione che avevamo in mente…
6. Trovare stratagemmi per risvegliare dolcemente chi tende ad addormentarsi.
Potrebbe essere funzionale utilizzare delle frasi, sempre da fornire come “ordine”, in cui si fa riferimento al proposito di mantenersi con la mente cosciente; personalmente propongo che la mente eventualmente addormentata possa risvegliarsi ad ogni schiocco di dita, o al suono di cimbali o al rintocco della campana tibetana (che faccio sentire)….
Per esempio: Cerco di mantenermi cosciente per tutta la durata della pratica; qualora dovessi addormentarmi, so che va tutto bene e che la pratica lavora ugualmente a livello subconscio; ritorno cosciente all’udire lo schiocco delle dita/il suono dei cimbali o della campana tibetana.
7. Qualsiasi cosa riteniate importante segnalare, anche nel corso della pratica, formulatela al presente e sempre come un “ordine”
In questo modo il “comando” va ad imprimersi nella mente subconscia.
È importante “approfittare” consapevolmente dello stato di profonda ricezione mentale dei praticanti, sia per rafforzare le sensazioni positive che per calmierare eventuali disagi.
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