5 TIBETANI: SPUNTO PER UNA PRATICA SEMPLIFICATA E COMPLETA
I 5 Tibetani sono una pratica entrata potentemente a far parte della routine quotidiana di molte persone.
Esistono diatribe sulla veridicità della storia narrata nel libro di Peter Kelder (leggenda o pura fantasia?), sulla reale appartenenza o meno di questi cinque riti tibetani al mondo dello Yoga (alcune tradizioni non li riconoscono), così come sui dettagli nella loro esecuzione e sul tipo di respirazione da eseguire. Evito di soffermarmi su questo e vado a ciò che mi interessa: in quanto “riti”, hanno caratteristiche assolutamente affini allo Yoga e invitano ad entrare in una dimensione sacra, intima, di ricerca e ascolto, di attenzione al qui-e-ora; in quanto “esercizi”, se fatti coscientemente, sono un ottimo allenamento fisico ed energetico.
Quella che fornisco in questa sede è una mia personale interpretazione dei 5 tibetani, arricchita dagli altri due riti “segreti” e basata sulla loro semplificazione e sul simbolismo degli elementi attivati.
SEMPLIFICAZIONE
Facendo ricerche sulla rete, ho potuto verificare la presenza di numerosi articoli e video sulla esecuzione standard dei 5 Tibetani. Secondo me servono alcune varianti e accortezze per principianti, anziani, per chi ancora non è sufficientemente allenato oppure per chi presenta problematiche specifiche. E, in tanti anni di insegnamento, ho potuto constatare che avere qualche acciacco è purtroppo la normalità, anche per gli stessi insegnanti! Partendo dalla mia esperienza diretta, attraverso la pratica personale e l’insegnamento, e grazie ai feedback dei miei allievi, ho potuto verificare che l’esecuzione ordinaria può procurare più disagi che benefici, per esempio in caso di:
- alterazione della pressione sanguigna >> con ipertensione evitare che la testa si trovi più in basso del cuore; con ipotensione evitare il trattenimento a polmoni vuoti; in presenza di vertigini evitare il primo rito o farlo molto lentamente
- ernie, protusioni, discopatie, artrosi, in particolare a livello cervicale e lombare >> i movimenti vanno eseguiti molto lentamente e con attenzione; bisogna assolutamente evitare che la testa si inarchi all’indietro; eseguire i movimenti con la colonna in protezione, per esempio con le varianti a terra; in presenza di vertigini evitare il primo rito o farlo molto lentamente
- fibromialgia >> i movimenti devono essere lenti, graduali e dolci e consapevoli, per evitare un ulteriore irrigidimento della muscolatura
- disturbi alla tiroide >> la sollecitazione del chakra della gola potrebbe portare disagi o iperstimolare il funzionamento della tiroide, pertanto bisogna adottare varianti che sollecitino meno la zona
In questi casi è meglio evitare di cimentarsi con la ripetizione standard dei 5 tibetani. Meglio ricorrere a varianti che attivano le stesse aree fisiche ed energetiche, mantenendo in protezione le più fragili. Con la pratica e l’ascolto di sé si potrà eventualmente aumentare il grado di difficoltà.
Ricorda: è la pratica che deve adattarsi all’allievo e non viceversa!
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SIMBOLISMO
Nella nuova sequenza dei riti tibetani che propongo mi sono ispirata a un principio caratteristico dello Yoga Ratna: il passaggio “dal Cielo alla Terra” e “dalla Terra al Cielo”. Questo comporta un’attenzione e gradualità nello strutturare le sequenze in modo che:
- fisicamente, il corpo dalla posizione eretta passi gradualmente a quella sdraiata e viceversa; lo scopo è di evitare o ridurre il “su e giù” del corpo e gli sbalzi energetici che ne derivano
- simbolicamente, si percorra il viaggio dell’anima che dal Cielo (dimensione immateriale, spirituale e Divina) scende in Terra, incorporandosi nella materia del corpo; successivamente, attraverso lo Yoga e l’esperienza del corpo fisico, l’anima tende a recuperare l’unione con il Divino
- simbolicamente, c’è anche il tentativo di unione e integrazione tra le energie di Terra (dimensione Yin, femminile) e Cielo (dimensione Yang, maschile)
LA SEQUENZA
- I 5 Tibetani sono da fare rigorosamente a stomaco vuoto e di primo mattino, perché attivano l’energia vitale.
- Da fare rivolti ad Est, perché la luce del Sole Divino che sorge sia la nostra guida.
- Mantenere mandibola rilassata (i denti non sono serrati), spalle rilassate (sempre lontane dalle orecchie), lingua contro il palato.
- Mantenere la consapevolezza sul Dan Tian basso, circa 3 dita sotto l’ombelico e tre dita all’interno dell’addome: da qui partono i movimenti, qui si concentra l’energia vitale.
- Rispettare la gradualità: dal minimo che il nostro corpo ci consente di fare al massimo di 21 ripetizioni.
- Sono Yoga e non semplice ginnastica: la consapevolezza va al “qui-e-ora” e alla connessione tra intenzione, emozione, azione.
- Mantenere un’attitudine gioiosa.
- attivano tutti i chakra: vortici attraverso cui il prana – l’energia e la vita – entra nell’organismo; oltre ai 7 principali, ne abbiamo anche nelle piante dei piedi, nei palmi delle mani, nelle ginocchia.
- Mantenere sempre alcuni cicli di respiro in una posizione di relax tra un rito e l’altro, per ascoltare ciò che emerge: sensazioni fisiche (a fior di pelle, nei muscoli, negli organi interni, nelle articolazioni, nelle ossa), emozioni, eventuali immagini (diverse dai pensieri, compaiono come flash e come colori); accogliere tutto con amorevolezza e senza giudizio.
1. IL VORTICE (1° Tibetano)
Le braccia aperte, le spalle rilassate, la mano destra (Yang) rivolta alla Terra (Yin) e la sinistra (Yin) al Cielo (Yang). In questo modo mettiamo in relazione le due energie Yin e Yang. Gira su te stesso in senso orario (verso destra). Fissa il dorso della mano destra. Fermati quando inizi ad avvertire disagio (giramento di testa, vertigini o nausea), fissando i pollici davanti a te e poi premendo coi pollici al terzo occhio.
I movimenti di questo primo rito ricordano quelli dei dervisci danzanti, evocando l’aspetto esoterico dell’Islamismo. Nel Qi Gong, girare in senso orario stimola il fegato, che è uno degli organi fondamentali per la rigenerazione, un vero laboratorio che deve funzionare alla perfezione perché l’organismo si mantenga giovane e sano. Giare su se stessi in senso antiorario stimola invece il cuore. Dal punto di vista energetico, girare in senso orario ricarica, porta dentro l’energia, mentre il senso antiorario scarica l’energia in eccesso, la porta fuori. Dal punto di vista gnostico-esoterico, invece, la rotazione antioraria è fortemente sconsigliata, perché invita i chakra a girare in modo negativo anziché positivo e tutti i chakra vengono stimolati da questo rito. Ad ogni modo, se siete curiosi, potete sperimentare entrambi i sensi e registrare cosa accade a livello di corpo, emozioni, mente, energia.
2. IL CAMMELLO (3° Tibetano)
Da evitare assolutamente se sei super principiante o se hai problemi lombari o cervicali e da sostituire con la posizione n.5: il ponte a terra.
Personalmente non amo questa posizione perché rischio sempre di uscirne con dolori cervicali, ma mi sembra giusto che tu la conosca in quanto esecuzione del 3° tibetano. Correlata ad Ustrasana, la posizione del cammello, nella variante semplificata che ti propongo in cui la gola non si apre, indica simbolicamente la possibilità di mantenere in equilibrio le risorse di acqua ed energia che dai reni scorrono lungo i canali energetici del corpo. L’elemento di questa posizione è quindi l’acqua che ha sede principale nel secondo chakra. I chakra stimolati sono il 2°, il 3° e il 4°.
3. IL PONTE da seduti (4° Tibetano)
Presta sempre attenzione alla zona cervicale, la testa non va mai inarcata indietro ma tenuta in allineamento al busto col mento leggermente ritratto. Se hai i polsi deboli che non ti sostengono, prova a portare l’appoggio sui pugni chiusi oppure passa alla variante del ponte a terra.
Il ponte (Setuasana) simboleggia il rapporto con tre elementi fondamentali: deve poggiare ben stabile sulla Terra, innalzarsi verso il Cielo e permettere lo scorrere delle Acque sotto di esso. Inoltre è simbolo di comunicazione: mette in contatto due sponde opposte, ci aiuta a integrare i nostri aspetti Yin e Yang. L’elemento principale è ancora l’acqua ed i chakra stimolati sono 2°, 3°, 4°, 5°.
4. IL PONTE a terra (variante al 3° e 4° Tibetano)
In questa variante – che è senza dubbio la più sicura anche se devi sempre prestare attenzione – applichi i gesti di costruzione del ponte (Setu Mudrà) e puoi anche decidere di tenere per qualche ciclo di respiro la posizione del ponte legato (Setu Bandhasana) in una delle varianti che ti mostro nel video. Anche in questo caso l’elemento principale è ancora l’acqua ed i chakra stimolati sono 2°, 3°, 4°, 5°. Al termine, rimani qualche ciclo di respiro in ascolto delle sensazioni che emergono e compensa per qualche ciclo con Bastrika (ginocchia flesse al petto tenute dalle mani).
5. IL PILASTRO (2° Tibetano)
Questo rito attiva l’elemento fuoco e stimola ancora i chakra 2, 3, 4, 5 (quando si muove anche la testa). Ti propongo diverse varianti, dalla più semplice alla più faticosa, invitandoti ad iniziare da quella più semplice da fare per alcuni giorni e passare alla successiva quando il corpo si sarà già sufficientemente allenato. Se alzi la testa, ricordati di tenere lo sguardo al cielo evitando di forzare sulla zona cervicale. Lascia la testa a terra se non sei allenato e rischi di portare tensione! Riposa qualche ciclo di respiro in savasana prima di passare al rito successivo, dandoti tempo di ascoltare gli effetti di questa pratica.
6. IL CANE (5° Tibetano)
Questo rito è un esercizio complesso che, nella sua versione finale, attiva tutti i chakra e comprende in realtà 3 posizioni yoga:
- il cane a testa in su (Urdhva Mukha Svanasana) o il cobra reale (Raja Bhujangasana, se le ginocchia rimangono in appoggio a terra) – nella fase di espirazione
- la panca (Utthita Chaturanga Dandasana) nella fase di passaggio – in inspirazione; meglio se riesci a tenerla per qualche secondo
- il cane a testa in giù (Adho Mukha Svanasana) nella fase di espirazione
La posizione intermedia della panca di solito non viene proposta, ma io trovo che sia molto efficace per rinforzare ed avere maggiore consapevolezza del nostro “core“. Il core è tutta la fascia centrale del corpo umano che include il complesso coxo-lombo-pelvico. Rappresenta il centro funzionale del corpo, ha funzione di stabilizzazione, ma anche di trasferire forza dalla parte bassa alla parte alta del corpo e viceversa.
1^ VARIANTE: IL GATTO
Questo esercizio è un toccasana per tutta la schiena e sarebbe da fare spesso. Mantieni solo questa variante se sai di avere problemi che ti mettono a rischio facendo gli step successivi. Fai partire sempre il movimento dal coccige, mentre la testa è l’ultima a muoversi. Gesto semplice che richiede grande consapevolezza per evitare che divenga automatico! Ripeto: la testa NON parte insieme al coccige, il movimento risale ogni volta come un’onda dal coccige alla testa.
2^ VARIANTE: IL CANE SEMPLIFICATO
In questa variante con le ginocchia a terra, si sollecita meno la schiena e si riesce a controllare meglio i gesti. Concentrati a mantenere sempre le spalle lontane dalle orecchie e ad avvicinare il più possibile il torace al terreno, inarcando dolcemente la colonna.
Cimentati nella variante finale solo quando hai piena padronanza di questi passaggi e se sei totalmente privo di disagi nell’esecuzione.
Concediti sempre una fase di relax, come ti consiglio nel video.
ATTENZIONE! Per sollevarti dalla posizione sdraiata con la pancia a terra, portati prima nella posizione della devozione, poi in ginocchio, vai ad appoggiare mani e piedi a terra e risali molto lentamente srotolando la schiena (durante un profondo inspiro) una vertebra alla volta; l’ultima a salire è la testa; fai un bel cerchio con le spalle ed esala una sorta di sospiro di sollievo.
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7. UDDIYANA BANDHA (6° Tibetano)
Questo rito è veramente potente: stimola la nostra energia vitale, il nostro elemento fuoco, tutto il plesso solare. Permette di massaggiare e disintossicare gli organi interni, tra cui l’intestino che è uno dei nostri principali cervelli. Si dimostra eccellente per migliorare la digestione e regolarizzare l’evacuazione, soprattutto in caso di stitichezza. Tonifica le surrenali ed è un eccezionale antistress.
Bandha si usa per indicare delle specifiche chiusure o contrazioni fisiche volontarie che coinvolgono determinati gruppi di muscoli e tendini. Uddiyana letteralmente significa “volare in alto” e a volare è la tua energia vitale (il Prana) che nello yoga deve essere risvegliata e fatta risalire di chakra in chakra, fino alla sommità del capo, in un percorso di continua evoluzione. Questa energia, nel suo stadio più grezzo è l’energia sessuale. Se vuoi saperne di più puoi leggere il libro:
Tra tutte le Bhandas, questa è la migliore. La sua pratica completa determina con facilità l’elevazione dell’essere”.
Gheranda Samhita
8. MEDITAZIONE (7° Tibetano)
A questo punto sei pronto per una pratica meditativa. Puoi farla nella posizione che ti consiglio, oppure seduto a gambe incrociate o su una seggiola, purché tu possa mantenere con semplicità la schiena diritta.
Puoi semplicemente ascoltare il tuo respiro spontaneo e prendere coscienza dell’aria che attraversa le narici (in ingresso più fresca, in uscita più tiepida), delle aree del corpo che si gonfiano e sgonfiano, del ritmo e della profondità di questo respiro. Oppure ascoltare la Meditazione Sole Luna, in regalo se ti iscrivi alla mia newsletter!
Nel libro sul Settimo Tibetano si parla di strutturare il proprio “Mantram” e di verbalizzarlo ad alta voce, oppure di recitare il Mantra OM. Se ti va, anche questi sono ottimi strumenti, e potresti utilizzarli prima della Meditazione, che rimane il miglior modo per concludere la pratica.